Legge sul caporalato, perché non ha trovato completa attuazione?
Le campagne del mezzogiorno d’Italia continuano ad essere regno di lavoro sfruttato e fenomeni di illegalità che compromettono anche la concorrenza fra le imprese. Eppure c’è una legge per combattere tutto ciò. A quasi tre anni dalla sua entrata in vigore, la legge 199/2016 contro il caporalato è un testo che non ha trovato completa attuazione.
Pensata per riscrivere il reato di caporalato e introdurre quello di sfruttamento del lavoro con inasprimento delle sanzioni penali e delle misure cautelari, la legge è stata applicata finora solo nella sua parte repressiva. Sono previsti l’arresto in flagranza, la reclusione da 1 a 6 anni, il controllo giudiziario dell’azienda e la confisca dei beni anche per equivalente.
È stata estesa, inoltre, la punibilità anche al datore di lavoro, a prescindere dall’intervento del caporale, in presenza di indici di sfruttamento.
Ho presentato un’interrogazione ai Ministri dell’Interno e delle Politiche Agricole e forestali chiedendo l’urgenza di verificare i motivi per cui la legge non è stata applicata nella sua totalità e nel contempo di attivarsi per attuare le norme inapplicate in modo da contrastare seriamente questa piaga sociale.
La legge, peraltro, contiene anche misure che si propongono di migliorare le condizioni di lavoro e tutelare l’azienda e l’occupazione. L’80% delle norme contenute nella 199/16 non sono state ancora attuate; non basta l’applicazione delle norme che riguardano il profilo della repressione ma bisogna attuare anche la parte preventiva, che parla di misure su collocamento e trasporti o quella relativa al controllo giudiziario sull’azienda che ha l’obiettivo di non interrompere l’attività agricola.